GIULIO DI LUZIO presenta "NON SI FITTA AD EXTRACOMUNITARI"

SABATO 14 FEBBRAIO ore 17,00

GIULIO DI LUZIO
presenta
"NON SI FITTA AD EXTRACOMUNITARI"
(Editori internazionali Riuniti)
interviene ANTAR MOAMED

Dov'è finita la storia dell'Italia come Paese mite e accogliente?
Intorno a questo interrogativo l'Autore raccoglie l'intera vicenda immigratoria italiana, dimostrando l'inconsistenza di aggettivi benevoli, storicamente contraddetti per lo meno dagli ultimi trent'anni.
Il salto di paradigma da Paese di emigranti e terra di approdo rappresenta la declinazione, che ha messo a nudo fino ai giorni nostri una cultura etnocentrica ed un grumo di pregiudizi e stereotipi molto radicati nel tessuto sociale.

Di Luzio ripercorre con leggerezza il fenomeno, che già sul finire degli anni Settanta vede avviare un processo a tutt'oggi ininterrotto,  opera una ricostruzione organica sui processi migratori, che hanno investito l'Italia da decenni come area di approdo, invertendo il collaudato copione di Paese di santi, eroi, navigatori e, appunto, migranti .
Dalla fase dell'indifferenza e della curiosità (Anni Settanta) al decennio delle buone intenzioni (Anni Ottanta), è andata poi affermandosi una lettura dell'immigrazione schiacciata sull'emergenza e sulle corde dell'ordine pubblico.
La legislazione italiana ha risposto fin dall'inizio con norme discriminatorie poco attente ai diritti civili, dalla prima legge del 1986 alla Legge Martelli del 1990. Per poi giungere ad una fase di inasprimento con l'istituzione dei Centri di Permanenza Temporanea della "Turco-Napolitano" all'interno dalla stagione proibizionista della Tolleranza Zero. Infine la successiva "Bossi-Fini", che ha mostrato la sua autentica anima segregazionista e punitiva.

Il "Pacchetto-sicurezza" del 2009 segna l'impennata di una visione reclusiva e poliziesca del fenomeno immigratorio: C.I.E, "Sindaci-sceriffo" e ronde razziste inquinano la penisola da nord a sud.
Quel Paese mite e accogliente è ormai solo una favola. Il ruolo egemone della politica nel disegnare scenari apocalittici ed emergenziali, insieme a quello dei media con narrative pubbliche che ripropongono con ossessione il frame dell'invasione, finiscono senza concessioni sotto la lente di ingrandimento dell'Autore. Che si spinge a delineare una vera e propria stagione di criminalizzazione dei migranti, spesso dimenticando il Dna italiano come popolo che ha lasciato in ogni angolo del pianeta le sofferenze esistenziali di intere generazioni.

Giulio Di Luzio è nato e vive in Puglia. E' stato antimilitarista e obiettore di coscienza. Ha iniziato a scrivere nel 1994 sul quotidiano lombardo Bergamo-Oggi durante una supplenza scolastica. Dall'estate di quell'anno passa a fare il cronista dalla Puglia per Il manifesto. Siccessivamente collaborerà a La Repubblica e, per un periodo più ampio, a Liberazione. Nel 2012 ha scritto sulle pagine culturali de Il Corriere del Mezzogiorno di Bari. Dopo quasi vent'anni di precariato nel mondo dell'informazione ha deciso di uscirne, per affidare solo ai libri il suo pensiero. Ha già pubblicato " I fantasmi dell'Enichem" (2003), "A un passo dal sogno" (2006), "Il disubbidiente" (2008), "Brutti, sporchi e cattivi" (2011), "Clandestini" (2013)-Menzione Speciale Premio Giorgetti.

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